Era da piu’ di sette anni che non mi recavo a Palazzo Carafa, sede dell’ Amministrazione Comunale di Lecce. In passato ci andavo spesso, amavo seguire i Consigli Comunali, ero appassionato. In seguito il mio entusiasmo è scemato, ed ho iniziato ad attribuire a quel Palazzo significati negativi. L’ iniziativa, promossa dal nuovo Sindaco di Lecce, dal titolo “APERTI ALLE EMOZIONI”, volta ad aprire le porte del Comune ai cittadini, mi ha incuriosito, e mi ha spinto a ritornare nei meandri di quell’ antico austero Palazzo. Credevo, al mio arrivo, di trovare i rappresentanti della politica, ed invece ho trovato i CITTADINI. Tanti cittadini, ma anche turisti, che nell’ atrio aspettavano le guide per essere accompagnati nelle stanze del Palazzo. Il comitato di accoglienza era composto dagli artisti di strada: trampolieri, mangiafuoco, musicisti, capaci di attrarre il pubblico e farlo sorridere; nell’ atrio risuonavamo le note di un pianoforte a coda, mentre le guide ti accompagnavano in tutti gli ambienti, ivi compresa la stanza del Sindaco!
I simboli sono importanti: comunicano a livello sottile, quasi inconscio, con i propri interlocutori. Aprire le porte del Palazzo della politica, al netto di ogni retorica, e soprattutto di ogni appartenenza, ha una forza simbolica devastante, capace di scuotere le coscienze e capace persino di farti considerare la Casa comunale per quello che in realtà dovrebbe essere: LA CASA DEI CITTADINI. Non ho incontrato, per il lungo tempo della mia visita, nessuno dei miei colleghi teatranti: ma comprendo il plausibile disagio di coloro che hanno basato sul sistema delle “porte chiuse” la loro attività “culturale”, e comprendo altresì la sfiducia di quanti hanno trovato “porte chiuse” ad ogni legittima istanza di Cultura o di Arte.
Plaudo all’ iniziativa, senza precedenti in Italia, ed auspico che questa politica di apertura e trasparenza non rimanga un caso isolato, ma che possa costituire il fulcro costante dell’ azione amministrativa del Sindaco Adriana Poli Bortone e della sua giunta.
Buon lavoro a tutti.
Mino Castrignanò
